“i’ve worked in art studios for 20 years and there are moments of half-thoughts, residues and remnants of tools, mediums, and creative actions strewn about, collected on tables, shelves, drawers, and in vessels. the artifacts of artful action can function as histories that chronicle the artist’s studio residence. have you ever examined a used bit of chalk pastel after it has been thoroughly employed in a project?  it is caked with other colors, dust, and fingerprints of the artist. there are casts of other colors on the fragment as it was mixed with blues and reds, violets, and greens.   medina zabo’s sculpture prompts me to recollect the experience of the studio, of pigments explored and used. of the action and process of the artist and their tools.”

curator elizabeth winnel, artrepreneur_ny 

Medina Zabo’s Queer Side of Things (Or Iron Burns Fairies) is a sculpture of processed iron slag. I think the piece is beautiful in its own right, however they’ve juxtaposed the color differences in the object to reflect social and ethical identities to great effect. I enjoy the mythological references used in the titling as well. When thinking about “iron” in this context my mind also goes to the Iron Cross emblematic of Nazi Germany which further reinforces the ideas the piece is portraying.

iron burns fairies series, orange book 2022, artrepreneur, new york

“in her artistic practice medina zabo is fascinated by an almost paradox question: how to investigate fundamental structures and essential principles with elements in transition. transformation and construction, metamorphosis and crystallization – both in literal and metaphorical senses of the words – are inspiringly displayed in her works of art made with natural materials, including parasited beeswax and stearic wax, thus searching for parallels between natural and man- made structures and social patterns.” 

Non sono poche le apparenti materie prime di Medina Zabo, ma ponendosi davanti alle sue opere, alla connessione tra i materiali che usa, al rapporto che lei determina con gli insetti che abitano o hanno abitato quei materiali, alle argille, ai telai parassitati, alla cera, al fuoco, al colore, a ciò che scrive, ebbene viene fuori che la sua materia prima, anzi il suo primum mobile artistico è il rispetto. È il rispetto per l’opera, per il suo senso, per il colloquio che aprirà con chi guarda e con il contesto per cui è pensata che aziona il suo fare artistico. (…) Il viaggio di Zabo verso la Val di Non è stato costruire conoscenza intorno al nucleo compatto del suo lavoro che parte dalla possibilità di proseguire, reinventandolo, un percorso avviato dalla natura e portato da lei a termine, un termine che però l’artista non sempre chiude, riaffidandolo a un altro possibile intervento naturale.” (dal testo critico di Michela Becchis)

“[..] medina zabo approfondisce le capacità di azione e reazione di svariati materiali, alle volte industriali, concentrandosi, mediante reagenti, sulla restituzione del pigmento sulla superficie e declinando quest’ultima al pari di una membrana vibrante e pervasiva.
infine, nella convinzione – derivante dal metodo antilogico – del fatto che intorno a qualsiasi tesi possano essere addotte ragioni opposte e di identica forza, la mostra sottende, più o meno esplicitamente, un invito a concepire la ricerca artistica odierna in termini sistemici, dunque come un ente che si espande orizzontalmente verso una pluralità di orientamenti senza gerarchie seguendo dinamiche di causa, concausa, effetto e effetto collaterale, anziché lineari, quindi assecondando semplicistici rapporti unilaterali di causa effetto sempre meno adeguati per risolvere l’articolazione della contemporaneità.”  

“medina zabo hides interiority under piles of wax, from which new lives are preparing to emerge. wax is animal matter full of a real microbial universe in constant transformation, invisible most of the time, but always ready to manifest itself _ la cera ha una doppia valenza: organica e chimica, ma in entrambi i casi è sottoposta a processi di trasformazione fisica che, rendendola duttile, la destina a funzione protettiva. ci sono vite pronte a sbocciare all’interno delle strutture plasmate da medina zabo, larve depositate dalle tarme della cera, predisposte a condividere una vita comunitaria con le api. processi interni che l’artista individua anche con oggetti inanimati come peluches, ferro, asfalto, fin’anche pastasciutta. in quest’ultimo caso è ancora il processo interno a trasformare la conformazione del blocco, che vive meccanismi metamorfici di cui è impossibile prevedere durata e risultato finale. la cera emana odore e la sua conformazione lattiginosa produce effetti opalescenti che variano al variare dell’incidenza luminosa, così è possibile scorgere questi mondi interni, dove nuove vite si preparano alla prossima emersione.”

” (..)”ogni opera presentata nella mostra “in buono stato” è in divenire, la cera parassitata ha una stabilità che muta con le condizioni ambientali ed il tempo; ed elementi come il ferro e il legno sono “ancore” cui affidarsi nella fragilità dei materiali scelti per raccontare il flusso di vita, di coscienza. il concetto di entropia che definisce l’ordine come una disposizione improbabile degli elementi, ‘senza tenere conto se la forma macroscopica di tale disposizione sia strutturata armoniosamente o invece deformata nel modo più arbitrario’ entra in modo laterale nelle opere di medina zabo e attiene soprattutto al contributo che vite esterne (quelle delle larve nella cera parassitata) possano contribuire a definire l’aspetto finale dei suoi lavori. “in buono stato” vuole essere una finestra contemporanea sui quattro elementi della natura con l’umiltà di chi sa che solo ascoltando in silenzio la metamorfosi di ogni elemento, può coglierne l’essenza e trascenderla fino a creare arte”

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